Giovedì 1 maggio 2014, ritorno delle semifinali di Europa League: Juventus – Benfica: 0-0. Nella stessa stagione calcistica, dopo la neve di Istanbul (evento più unico che raro), l’improvvisa pioggia battente di Torino chiudeva quella che era stata una giornata di sole. Evidentemente in Europa non era stagione. Probabilmente anche la Juve quell’anno aveva fatto di tutto per complicare il proprio percorso europeo. Si dice aiutati che Dio ti aiuta. Nella su citata partita il Benfica, per oltre metà del secondo tempo, giocò in dieci per l’espulsione di un suo giocatore. Verso la fine rimase addirittura in nove perché Garay si fece male a sostituzioni già terminate per i portoghesi. Quell’anno la finale di Europa League si sarebbe tenuta alla Juventus Stadium. Certo, non si trattava della Champions, ma comunque dopo anni l’occasione di alzare un trofeo europeo, per giunta nel proprio stadio, era alquanto ghiotta per i bianconeri. E, invece, nulla. Magari anche per sfortuna, ma soprattutto per demeriti propri. L’anno dopo la Juventus giocava una finale di Champions a Berlino, con merito. Perdeva contro il Barcellona, la squadra più forte del mondo, avendo anche qualcosa da recriminare. L’anno scorso la Juve è uscita agli ottavi di finale di Champions dopo una scazzottata a guardia bassa contro i titani del Bayern Monaco, ma senza dare mai la sensazione di essere inferiore, anzi.
Il breve excursus di cui sopra, non ha assolutamente l’intento di fare inutili paragoni tra il mister precedente e l’attuale. E’ semplicemente necessario al fine di una corretta valutazione di quello che è la Juventus europea oggi e del suo percorso di crescita rispetto al passato più recente. Allo stato, nella stagione calcistica in corso, la Juventus è tornata con lo scalpo dell’avversario da tutte e quattro le trasferte europee ( Zagabria, Lione, Siviglia, Oporto). Se è vero che trattasi di avversari di non primissima fascia, vanno dati i giusti meriti alla compagine bianconera. Ha vinto come doveva, in scioltezza a Zagabria; soffrendo, ma in inferiorità numerica a Lione; in rimonta, in superiorità numerica a Siviglia; dominando, già prima che il Porto restasse in dieci, ieri ad Oporto. Le ultime due trasferte in particolare, presentavano comunque un certo livello di difficoltà; se è vero che in entrambe la Juve ha potuto sfruttare la superiorità numerica, è altrettanto vero che ha ottenuto tale vantaggio con merito.
In passato non si è vinto contro squadre anche inferiori a quelle appena citate. La Juventus doveva vincere e l’ha fatto, ma non era così scontato. Contro il Porto sono cadute in passato diverse squadre blasonate, in particolare è risultato spesso indigesto alle altre italiane, vedasi da ultimo la Roma, declassata in Europa League dai lusitani. Così come vincere in trasferta in Europa non è mai semplice, considerando che gli stadi “caldi” sono molti. Non credo che il Porto attuale sia meno forte di quel Benfica che meno di tre anni fa ci ha impedito di giocare una finale europea in casa. Se tre indizi (o meglio anni) fanno una prova, allora direi che qualcosa è cambiato. Dobbiamo prenderne consapevolezza, c’è ancora tanto da migliorare, ma siamo competitivi. Non partecipiamo per andare il più avanti possibile, ma per raggiungere la cima.
La Juventus ha certamente le potenzialità per ottenere questi risultati, ma la pratica è cosa ben diversa. Cominciare ad avere una certa continuità di successi, di prestazioni, rendere normali questi risultati, è un buon presupposto per sedersi con continuità al tavolo dei grandi. A furia di banchettare con loro, riusciremo ad arrivare anche al dolce più prelibato.
Avv. Domenico Quarracino