A dispetto dell’autorevole cammino percorso dalle falangi zebrate, soprattutto dagli ottavi di finale in poi, e a onta dei meriti indiscussi che l’hanno erta a protagonista di questa edizione della Uefa Champions League finalmente spoglia dei riduttivi panni dell’outsider indossati a Berlino, attribuire alla Juventus il ruolo di favorita è un errore.
In primis, perché la caratura dell’antagonista è tale da non richiedere quello stucchevole gioco del rimpiattino talvolta innescato per dirottare la pressione sull’avversario, che nel caso di specie, tra l’altro, vanta un’inveterata abitudine alla parte; in secondo luogo perché, da sempre, nello sport e segnatamente nel calcio, i favori del pronostico sono appannaggio dei campioni in carica e le merengues, per inciso, oltre allo scettro continentale detengono pure il titolo di club campione del mondo; in ultima, e affatto trascurabile istanza, perché, per quanto vero che al meglio dei propri effettivi la Regina d’Italia può giocarsela alla pari con chiunque, è altrettanto vero che allargando il novero delle scelte all’interezza della rosa, la cifra tecnica dei blancos s’impenna a livelli tuttora superiori a quella bianconera.
Acclarato quanto sopra, la particolarità delle finalissime in generale e di quella imminente nello specifico, è sempre tale da trascendere ogni ragionevole considerazione, sia essa tecnica (miglior attacco opposto alla difesa più forte) che storica (le opposte tradizioni nell’ultimo atto) o cabalistica (nessuno ha vinto la grolla degli eletti due volte consecutive).
Inoltre, se ne discute poco, ma un’incidenza l’avrà sicuramente, sarà curioso capire l’adattamento delle due compagini alla circostanza mai verificatasi di una gara così importante giocata indoor.
Per queste motivazioni, a tutti coloro che accreditano Madama di referenze lusinghiere oltre misura, è assennato rispondere: – “Favoriti? No, grazie!”
Augh.
Ezio MALETTO