TUTTI GLI UOMINI DELLA SIGNORA.               TEBALDO MARIO  DEPETRINI.                                                                                                                                      (Massimiliano Fantasia)
Il nome di Baldin, così come lo chiamano affettuosamente gli amici e i vecchi compagni di squadra,  compare per la prima volta il 21 gennaio del 1934, in occasione di una partita del girone di ritorno del campionato 1933-34. La Juve, naturalmente, era campione d’Italia e immagino con quanto orgoglio il piccolo vercellese indossò la sua prima maglia bianconera con lo scudetto tricolore in bella mostra. La Juve era chiamata ad affrontare l’Alessandria allo Stadio Comunale; i grigi a quei tempi attraversavano forse il periodo di massimo splendore di tutta la loro storia,ancora frequentavano i fasti della serie A,in panchina sedeva Franz Hansel già allenatore del Livorno e a lungo alla guida del Torino, in quella stagione, oltre alla formazione mandrogna, anche la Pro Vercelli e il Casale militavano nella massima divisione.
Parlando di Depetrini, non si può fare a meno di parlare della famosa scuola vercellese. Si può dire che la grande squadra di Milano-Ara-Leone rappresentò una sorta di ateneo calcistico e che quasi tutti i giocatori che poi ebbero modo di indossare la bianca casacca attinsero a piene mani dallo stile e dal temperamento di quei formidabili giocatori ,basta ricordare Rosetta, Ardissone, Piola, Ferraris II°, Baiardi e, naturalmente, Baldo Depetrini per capire di cosa stiamo parlando.
Lo stile calcistico della vecchia Pro era caratteristico,sbrigativo, veloce, pieno d’estro e di iniziative. Si basava moltissimo sul fiato e sulla solidità degli atleti. Uno dei più noti rappresentanti di quella scuola, Guido Ara, ebbe a riassumere la sua estetica con un motto arrivato, il calcio non è sport per signorine! Piaceva tanto quel motto, a quell’epoca,piaceva al punto che è arrivato fino ai giorni nostri e ancora oggi è di uso comune quando qualcuno prova a giustificare qualche intervento al limite della regolamento.L’indimenticabile Ettore Berra osservò che tali caratteristiche si dovevano probabilmente spiegare con l’origine della società, che non va dimenticato veniva dalla ginnastica,aveva dunque imparato a giocare quasi da sola, senza un vero e proprio tecnico della palla. Sarebbe però erroneo e ingiusto identificare la tendenza sostanziale della scuola vercellese con un elogio della violenza come tale. Per quanto i giocatori in casacca bianca si meritassero le prime definizioni iperboliche del linguaggio sportivo per il fatto che si avventavano contro l’avversario con leonina irruenza e con l’accompagnamento di secchi scatti della voce, nel gioco vercellese c’era più razionalità di quanto si potesse immaginare. In tempi in cui si giocava in undici, ma l’individualità regnava sempre sovrana, la Pro Vercelli seppe dimostrare che si poteva vincere e divertire anche con il gioco di squadra, e fornì anche uno dei primi esempi di razionale allenamento atletico e tecnico.
Baldo Depetrini apparteneva indubbiamente a quella scuola.Non so dire se arrivasse dalla ginnastica ,quello che salto’ subito agli occhi fu quel suo grande temperamento quella determinazione nei contrasti,quel suo gioco maschio , assolutamente deciso,in molti rivedevano nel Baldin il vecchio Pietro Leone,che tra il 1908 e il 1913 giocando come mediano contribuì a far vincere la bellezza di 5 scudetti formando con Ara e Milano un centrocampo da sogno. Anche Depetrini, giocava mediano laterale. E come Leone era un uomo rude, leale ma rude. Le finte e i ricami a lui non interessavano; per lui il gioco era lotta, fatica, sacrificio. Affrontava l’avversario con l’impeto dello schermidore che non conosce che la botta dritta; scavalcato, ritornava sui suoi passi, risoluto, caparbio, mai vinto.
 Ugo Locatelli,parlando dell’amico Depetrini con il quale ha giocato in maglia bianconera per dieci campionati consecutivi diceva: “Avete mai visto Depetrini cadere in terra? Quasi mai ! “Perché questa domanda ? Il giocatore che cade rimane estromesso dall’azione; tagliato fuori dal gioco. Questo a Depetrini non succedeva mai.Era sempre in piedi, magari superato, ma ugualmente in grado di recuperare, di essere d’aiuto ai compagni, con quella sua chiarissima visione di gioco, con quell’intuito che lo portava ad anticipare le mosse dell’avversario, con quella sua potenza e rudezza che, in fase difensiva, lo rendevano praticamente insuperabile.
Ci pare che il giudizio di Locatelli, grande calciatore e acutissimo osservatore, sia la giusta lettura per presentare a chi avesse voglia di farsi una chiara idea  i
sul piccolo grande Depetrini.
I tecnici della Juventus lo avevano visto giocare nelle file della Pro Vercelli e ne erano rimasti entusiasti. Conferme non necessarie erano poi venute nelle partite di campionato delle stagioni 1931-32 e 1932-33, quattro gare in cui il mediano della Pro Vercelli aveva avuto il non facile compito di controllare un uomo della classe di Raimundo Orsi; quattro partite tutte concluse con il successo della Juventus, ma nelle quali Mumo Orsi non riuscì mai a segnare un gol, se non su calcio di rigore nella gara del 19 marzo 1933.
L’acquisto di Depetrini, marcatore inesorabile, venne deciso all’unanimità.
Come abbiamo già detto, l’esordio in prima squadra della Juve avvenne a Torino in un incontro con l’Alessandria; in quella occasione alla formazione bianconera mancava un’ala destra, e venne scelto Depetrini il quale, non solo se la cavò con grande onore, ma riuscì addirittura a mettere a segno la terza rete bianconera. Ancora come ala destra «Baldin» giocò le successive partite contro il Casale e la Roma; poi, essendo venuto a mancare Orsi, ecco che venne deciso di schierare il vercellese come ala sinistra: altre tre partite, contro Torino, Palermo e Triestina. Ancora ala destra contro il Genoa a Marassi e poi, finalmente, le ultime tre partite di campionato nel suo ruolo di mediano destro, contro Milan (4-0), Pro Vercelli (2-0) e Lazio (2-0). Ho citato i risultati delle tre gare per metter in rilievo il fatto del nessun gol incassato, segno di un perfetto equilibrio nella difesa della squadra.
Nella stagione successiva (1934-35) le presenze di Depetrini furono 14; nel 1935-36 ne contiamo 24 su 30 gare; e così via di seguito, con un crescendo di rendimento eccezionale, con una continuità di presenze che collocano il nome di Depetrini al 20° posto assoluto nella graduatoria della Juventus: 336 partite di campionato con la maglia bianconera e 9 reti segnate.
Un atleta di tanta classe e rendimento non poteva certo sfuggire all’occhio attento di Vittorio Pozzo che, nel quadro di un rinnovamento della squadra nazionale che aveva vinto i «mondiali» del 1934 a Roma, convocò ben presto il mediano juventino, destinato a dividersi con Serantoni la responsabilità di sostituire l ottimo Pizziolo della Fiorentina.
Baldo Depetrini fece dunque il suo esordio in azzurro a Roma il 17 maggio del ‘36, in un incontro piuttosto difficile, contro un avversario tradizionalmente ostico, l’Austria, dove giocavano campioni di fama internazionale, come il portiere Platzer, il terzino Schmaus, il mediano Urbanek e gli attaccanti Sindelar e Jerusalem. L’incontro si chiuse in pareggio, 2-2, dopo che gli austriaci avevano chiuso in vantaggio per 1 a 0 il primo tempo. Naturalmente Depetrini venne confermato per la successiva partita con l’Ungheria, a Budapest, del 31 maggio. Altri campioni in Campo, da Polgar a Dudas, da Turay a Sarosi, da Toldi a Tiktos, quest’ultimo avversario diretto del piccolo vercellese. L’Italia disputò una bella partita, grande fu Depetrini e meritatissimo il successo per 2 a 1 sulla formazione magiara.
Per un certo periodo Depetrini, sempre in gran forma e in perfette condizioni fisiche, venne messo da parte; ma nel maggio del 1939, in occasione della grande sfida di San Siro tra il calcio italiano e i «maestri» inglesi, ecco che Depetrini venne richiamato in servizio, previo spostamento di Serantoni nel ruolo di interno destro. Risultato: 2 a 2, con il famoso gol di Piola con la manina. E Baldin? Un autentico leone, come dimostrò ancora di esser anche nelle partite della tournee balcanica, contro Jugoslavia, Ungheria e Romania, tre terribili battaglie. Anche a Helsinki una splendida partita e una convincente vittoria. In totale: 12 partite in azzurro e una sola sconfitta quella di Zurigo nel novembre del ‘39 contro una sorprendente formazione elvetica.
Sia nelle file della Juventus e prima ancora nella Pro Vercelli, sia in quelle della nazionale, Baldo Depetrini confermò, al di là delle riconosciute doti tecniche, di essere plasmato con l’acciaio; la sua solidità atletica, infatti, è stata la nota spiccante della taglia di giocatore chiave per la squadra nella quale militava, qualsiasi squadra ne avesse bisogno per coordinare i congegni, irrobustire il telaio, possedere una lancia e uno scudo da utilizzare via via, a seconda delle esigenze e degli sviluppi della partita.
A Depetrini hanno sempre guardato i tecnici che avevano bisogno di un giocatore a un tempo provetto, esperto e gagliardo, che deve dare ordine ed equilibrio al gioco.
È stato sempre difficile misurare e precisare la somma di benessere tecnico che un solo giocatore può apportare al complesso d’una squadra, ma sarebbe davvero difficile negare quanto sia stato utile, dal 1933 al 1949, un giocatore del calibro di Depetrini. Nitidissimo a stato sempre il senso architettonico del gioco e della partita giocata da «Baldin». Nel corso delle battaglie più accese, si è avuta la sensazione che il mediano vercellese recasse stampate sulle membrane del cervello le linee geometriche che la palla componeva e scomponeva nell’aria e sul terreno. Depetrini non è mai stato un solista, ma un lavoratore-tecnico per conto della collettività.
Il meglio del giocatore si è sempre rispecchiato nel meticoloso lavoro di tamponamento e di sostegno, con una cifra elevatissima di rendimento. Disciplinato,non solo in senso tattico, attaccatissimo ai colori sociali, pronto a qualsiasi sacrificio, con un fisico che per vent’anni ha resistito a ogni sforzo. Un esempio stupendo da indicare ai giovani di oggi.